Guarda dove mangi / Francesco Vincenzi

Francesco Vincenzi, è lo chef della Franceschetta. Nato in provincia di Modena nel 1992, ha cominciato a lavorare nelle cucine dell’Osteria Francescana ai tempi dell’istituto alberghiero. Nel 2019 ha ricevuto il premio S. Pellegrino “20 anni”, attribuito dalla redazione di Identità Golose al più promettente chef under 30. Dal 2017, sotto la guida di Massimo Bottura, segue la costruzione del menù di Franceschetta, sempre incentrato a raccontare una cucina emiliana contaminata dalle esperienze di viaggio e nel rispetto della stagionalità.

Che la ceramica sia molto più di un dettaglio lo si capisce entrando: le pareti sono allestite con piatti decorati in diversi stili e colori, preludio all’attenzione nella scelta del servizio per la tavola. Siamo alla Franceschetta 58, “sorella minore dell’Osteria Francescana”, come loro stessi amano definirla. Nata dalla mente vulcanica di Massimo Bottura, oggi la Franceschetta ha un’anima tutta sua e uno stile di cucina e accoglienza che dalla sorella maggiore ha ereditato il gene della qualità, ma che declina in modo personale e unico, sia nei piatti che nel servizio in sala.
La Franceschetta unisce le tradizioni italiane ai tanti souvenir raccolti in giro per il mondo, in una proposta culinaria assolutamente contemporanea. Qui i piatti cucinati dallo chef, sono incorniciati da creazioni ceramiche italiane, in un gioco di colori e decori che amplifica l’esperienza gastronomica, tattile ed estetica.

Nel trovare l’idea per un tuo nuovo piatto, quanto è importante la scelta del contenitore? Nasce prima il contenuto o il contenitore?

Indubbiamente il piatto, inteso come contenitore, ha una grossa importanza perché è il completamento di quello che contiene, sia a livello visivo che olfattivo. I colori, le forme, le superfici integrano l’esperienza. Credo che il piatto, inteso come pietanza, possa nascere da mille stimoli: origini, viaggi, passioni ed esperienze di ogni giorno. Proprio per questo motivo un’idea può partire anche dalla forma di un contenitore, oppure dall’incontro con l’artigiano che lo realizza. La ristorazione troppo spesso si è focalizzata unicamente sul contenuto, quando l’esperienza passa anche dalle persone che guidano il servizio, dai colori della sala, dal racconto, e da ciò che il tavolo ci trasmette.

A tuo parere, il cliente è influenzato e come da un piatto rispetto all’esperienza gastronomica complessiva? Ne può cambiare la percezione? Come e perché?

Come dicevo prima la “ceramica” è il prolungamento dell’idea quindi indubbiamente influenza il risultato finale. Pensiamo a come i colori delle ceramiche possono influenzare l’impatto visivo sul cliente: da quelli scuri ti aspetti piatti più autunnali o invernali, e viceversa.
Il contenitore rientra a pieno titolo nell’ambito della presentazione di un piatto, aspetto che viene sempre più preso in considerazione dal cliente, soprattutto oggi, dove tutto viene postato e condiviso on line. Instagram è diventato la vetrina principale per la maggior parte dei ristoranti, attraverso i post dei clienti che condividono live l’impressione visiva prima ancora che gustativa.
E ogni foto diventa un piccolo biglietto da visita.

 

Cibo e ceramica sono uniti da sempre: quale aspetto della ceramica per la tavola ti affascina di più?

La ricerca e la creatività. Ho avuto la fortuna di visitare recentemente Bottega Vignoli a Faenza e parlando con Saura e sua sorella sono rimasto ammaliato.
È incredibile quanta ricerca, passione e tecnica ci sia dietro ogni loro prodotto. Grazie a questo incontro ho capito chiaramente che cibo e ceramica non viaggiano insieme solo perché “uno ha bisogno dell’altro”, ma perché alla base hanno gli stessi processi di sviluppo. Lo studio del passato, la passione, la ricerca della qualità, la creatività sono tutti aspetti che rappresentano ogni forma di espressione di artigianato appassionata. Dalla cucina alla ceramica, dal servizio di sala all’enologia.

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nella colonna di sinistra Paolo Terzi
nella colonna di destra Aldo Giarelli